I vestiti nuovi dell’Imperatore

I Raccontastorie – Fascicolo 1

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      I vestiti nuovi dell'imperatore
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«Bisogna dirglielo all’Imperatore» strillava il Cancelliere. «Non ci sono più monete nel forziere! Le ha spese tutte in vestiti!» Ma il soldato che era di guardia alla porta della camera da letto dell’Imperatore non lo voleva lasciare entrare. «Mi dispiace sua signoria, ma l’Imperatore in questo momento è nel suo guardaroba: sta scegliendo qualcosa da indossare. Lei non può entrare.» In quello stesso istante la porta si spalancò e apparve l’Imperatore seguito dal Primo Ministro. «Ti dico che oggi non posso assolutamente ricevere nessuno. Non ho uno straccio decente da mettermi addosso. Oh, Cancelliere, lei qui! Aumenti le tasse del dieci per cento. Bisogna per forza che io possa farmi un altro vestito nuovo!» «Maestà, ma lei ha già così tanti vestiti. Io non posso aumentare le tasse un’altra volta. Il popolo non può assolutamente pagare più niente.» «Non me ne importa» disse l’Imperatore. «Voglio un altro vestito. Io sono l’Imperatore e posso avere tutto quello che mi pare!» Nessuno poteva replicare a simili parole e quando più tardi due stranieri arrivarono ai cancelli del palazzo dicendo di essere dei sarti, furono ammessi subito alla presenza dell’Imperatore.
I due sarti affermarono di essere capaci di cucire gli abiti più belli con le stoffe più preziose e delicate di tutto il mondo. «Dov’è questa stoffa? Fatemela vedere subito! La voglio vedere subito!» ordinò l’Imperatore. «Ancora non abbiamo cominciato a tesserla, Maestà» disse uno dei sarti. «Se vostra Maestà ci fornirà la materia prima, un telaio e una grande sala chiara, ci metteremo subito all’opera. Noi forniamo solo la nostra abilità e, naturalmente, la magia.» «La magia? La magia? Che magia?» gridò eccitato l’Imperatore. «Chiunque sia stupido o meschino, o incapace, o indegno di occupare un posto in questa reggia, non riuscirà a vedere la tela che noi tesseremo.» «Davvero?» esclamò l’Imperatore. «Stupefacente! Meraviglioso! Comincerete subito! E che sia tutto pronto per domani, quando attraverserò la città col mio corteo. Cancelliere, date immediatamente a questa gente tutto ciò di cui ha bisogno!». E, girando la schiena, risalì le scale e si diresse al suo diletto guardaroba.

I sarti vennero condotti in una comoda e grande sala del palazzo affinché cominciassero la loro opera al telaio. Ma invece tutto quello che fecero fu sedersi appoggiando i piedi sulle seggiole regali. E quando furono portate loro le materie prime – seta e lana finissima, perle e teletta d’oro – essi fecero sparire tutto dalla vista. Intanto l’Imperatore si era seduto nella sala del trono pensando alle meravigliose stoffe che nascevano sotto le mani dei due abili sarti. Poi, un sorriso maligno gli illuminò il volto e pensò: «Ora sì che riuscirò a scoprire quale dei miei ministri è meschino, stupido o incapace per il suo lavoro.» E mandò a chiamare il Cancelliere.

«Vai a chiedere quando saranno pronti gli abiti. Poi torna qui e dimmi come sono. Naturalmente potrebbe darsi che tu non riesca a vedere niente…» Il Cancelliere bussò alla porta della sartoria e uno dei sarti gli aprì, «Avanti, avanti Cancelliere, come lei può vedere abbiamo quasi finito.» In mezzo alla stanza il grande telaio troneggiava completamente vuoto. Il Cancelliere aprì tanto d’occhi. «Povero me» pensò «sono forse uno stupido? Un meschino? O un incapace? Non vedo nulla, che orrore!» «Uuh, uuh, bello, sì, molto grazioso davvero» mormorò, «mi piace mollo il disegno.»


«Si vede subito che lei è un uomo di buon gusto» disse uno dei sarti. «Dica all’Imperatore che i suoi abiti saranno pronti domani mattina presto, ma che abbiamo bisogno di altra tela d’oro.» Il Cancelliere tornò dall’Imperatore tutto tremante e quasi in lacrime. «Allora, allora, come sono le stoffe?» «Superbe, Sire, io… non ho mai visto niente di simile.» L’Imperatore si fregò le mani allegramente al pensiero dei bellissimi abiti e di averci azzeccato concedendo fiducia al Cancelliere. «Bene, bene. Ora mandate l’Arcivescovo a dare un’occhiata.» E anche l’Arcivescovo venne mandato a vedere la stoffa magica sul telaio. Dopo di lui fu la volta del Primo Ministro e poi del Comandante dell’Esercito. Tutti spalancarono gli occhi davanti al telaio vuoto e pensarono che era terribile non riuscire a vedere nessuna bella stoffa. «Sono forse un meschino?» si chiese l’Arcivescovo. «Sono forse uno stupido?» si chiese il Primo Ministro. «Sono forse l’uomo sbagliato per comandare l’Esercito?» si chiese il Comandante in capo.
E per nascondere i loro dubbi tutti profusero in complimenti alzando le mani al cielo. «Io ho ammirato soprattutto le frange» diceva l’Arcivescovo. «Ma che colori straordinari» diceva il Primo Ministro. «Eccellente, sì proprio di prima qualità» diceva il Comandante dell’Esercito. Infine l’Imperatore scese per andare a misurarsi gli abiti. Ma quando entrò nella stanza rimase paralizzato dalla paura. «Oh povero me! Non vedo nemmeno un briciolo di stoffa! Sono dunque più stupido e meschino di tutti i miei ministri messi insieme? Oppure non sono adatto per fare l’Imperatore? Nessuno deve accorgersi che io non riesco a vedere la stoffa magica!» «Cosa ne dice sua Maestà?» chiese uno dei sarti mentre faceva finta di srotolare una pezza di tessuto. «Uhm, uhm, splendido. Sì, proprio splendido!» farfugliò l’Imperatore colmo di infelicità. Poi i sarti lo spogliarono completamente e lo rivestirono con gli abiti nuovi. «Loro pensano che ora io sia vestito e devo comportarmi come se lo fossi». «Toccate, sentite la morbidezza del tessuto» diceva uno dei- sarti. «Cadono a pennello» sosteneva l’altro. «Abbiamo lavorato tutta la notte per raggiungere un risultato così perfetto.» I due sarti non avevano fatto nulla, naturalmente: avevano solo dormito. Il mattino seguente l’Imperatore tornò di nuovo nella sala dove si trovavano i sarti per indossare gli abiti nuovi; mentre i suoi cortigiani facevano circolo intorno a lui battendo le mani, egli faceva tutti i movimenti necessari, come se stesse vestendosi davvero.

«Sua Maestà ha un aspetto proprio magnifico», affermò il Cancelliere, timoroso di perdere il suo posto. «Realmente regale» sentenziò l’Arcivescovo. «Il popolo rimarrà senza parole» rincarò il Primo Ministro. «Ma che belle fibbie» aggiunse il Comandante dell’Esercito, sempre più confuso. La notizia che l’Imperatore avrebbe indossato degli abiti magici era corsa per tutta la città. Davanti al palazzo e lungo le strade una folla immensa aspettava ansiosa di vedere l’Imperatore in tutta la sua magnificenza. I bambini stavano seduti sulle spalle dei genitori sventolando bandierine colorate. Tutta la città era accorsa in piazza per vedere l’Imperatore e il suo nuovo vestito. La processione regale cominciò lentamente e solennemente a snodarsi per le vie della città dietro alla bandiera imperiale e alla banda dei trombettieri.

Tutti sapevano che gli stupidi, i meschini e gli incapaci non avrebbero potuto vedere gli abiti magici del re. E nessuno voleva ammettere di esserlo. «Evviva, Evviva!» gridava la folla. Ma i loro visi erano infelici perché ognuno pensava di essere il più stupido e il più meschino della popolazione: «Tu li vedi, vero?». «Ma certamente che li vedo, cosa credi che sia, uno stupido?» Intanto i due scaltri sarti, dopo avere impacchettato tutta la ricca materia prima, erano scappati dalla città a cavallo, veloci come il vento.

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