Undici cigni selvatici

Undici cigni selvatici

I Raccontastorie – Fascicolo 22

Ascolta l’audiocassetta!

      04 - Undici cigni selvatici
Pag.1Pag.2Pag.3Pag.4Pag.5Pag.6Pag.7

In principio nessuno era più felice della I Principessa Elisa e dei suoi undici fratelli. I loro genitori li amavano teneramente ed essi erano molto uniti tra di loro. Ma poi la Regina morì e il Re prese una seconda moglie. Scelse sconsideratamente una donna bella e malvagia, una maga che odiava i dodici ragazzi. Vendette tutti i loro giocattoli e avrebbe volentieri venduto anche loro. Malgrado ciò, i fanciulli erano ancora felici, perché erano insieme. Col passare degli anni, i principi crebbero buoni e gentili e la Principessa Elisa diventava ogni giorno più bella. La gelosia della nuova regina era addirittura feroce. Non riusciva più a tollerare di vedersi i ragazzi intorno,

perciò un mattino molto presto svegliò gli undici principi e li condusse mezzi addormentati in giardino. Poi li toccò uno per uno sulla guancia. «Diventate corvi neri e volate via per sempre!» Ma il maleficio della regina venne attenuato dalla bontà dei ragazzi. Invece che in corvi neri, i principi si trasformarono in bianchi cigni selvatici. «Volate via!» strillò lei furibonda. «E spero che i cacciatori vi uccidano!» Poi la regina svegliò Elisa. «È ora di alzarsi», disse, «il tuo bagno è pronto.» Ma quando Elisa fu nella vasca, la Regina versò della tintura marrone nell’acqua e la pelle candida della Principessa e i suoi capelli dorati divennero scuri come il mogano. Quando, nella tarda mattinata, il Re scoprì che i suoi figli erano spariti, divenne pazzo per il dolore. Allora la Regina gli disse: «Devono essere stati rapiti dagli zingari. Dovresti scacciare tutti gli zingari del tuo regno!» Il re emanò un decreto che bandiva tutti gli zingari, e quando vide una ragazza dai capelli scuri e dalla carnagione olivastra aggirarsi per il palazzo, la scacciò immediatamente. «Fuori dalla mia terra!» gridò. E la sua unica figlia, la Principessa Elisa, corse via in lacrime.
Una volta uscita dai cancelli del palazzo, Elisa si asciugò le lacrime, «Devo trovare i miei poveri fratelli. Cosa può aver fatto loro la Regina? Dove saranno?» Camminò per giorni interi per le strade polverose, chiedendo a tutti quelli che incontrava se avessero visto undici principi. Infine arrivò al mare. Elisa vi si immerse e la tintura scura che ricopriva la sua pelle e i suoi capelli, piano piano si dissolse. In quel momento sentì il rumore di un pesante battere di ali: undici cigni bianchi volavano sopra la sua testa,

Elisa si nascose fra le dune, osservando i grossi uccelli bianchi posarsi _. con grazia sulla spiaggia. Con suo grande E’ , stupore vide che ogni cigno aveva in testa una piccola corona d’oro. Quando il sole svanì dietro l’orizzonte e apparvero le stelle, i cigni scossero via uno dopo ‘ l’altro le loro piume, e uno dopo l’altro si trasformarono nei suoi fratelli! Elisa corse loro incontro. «Siete voi? Siete proprio voi?!» E i giovani principi

fecero cerchio intorno a lei, pieni di gioia. «Elisa! Grazie al Cielo la malvagia regina non ti ha fatto del male!» Elisa abbracciò e riabbracciò i suoi fratelli e poi disse: «Andiamo a casa.» I principi-cigni sì riempirono di tristezza. «Non possiamo, Elisa. Solo di notte siamo umani. Alla luce del giorno, la magia della Regina ci rende di nuovo cigni e ci costringe a volare oltre l’oceano per sfuggire ai cacciatori. Ma di là dal mare c’è una bella terra dove i fiumi brulicano di pesci. Torniamo qui ogni notte solo per cercare te.» «Allora portatemi via con voi», disse Elisa. «Non lasciatemi qui da sola.» Prima dell’alba, gli undici principi fecero un’amaca per la loro sorella con una vecchia rete da pesca trovata sulla spiaggia. Poi, ai primi raggi del sole, i loro corpi scomparvero sotto le bianche piume e si trasformarono nuovamente in cigni. Elisa si mise sopra la rete e i cigni, preso un lembo ciascuno nel becco, la sollevarono.


Con le grandi ali bianche che battevano l’aria tutt’intorno a lei, ebbe così inizio il lungo viaggio sul mare. Ma per via di Elisa, i cigni volavano lentamente e al tramonto erano ancora lontani miglia e miglia dalla loro destinazione. Da un momento all’altro i cigni sarebbero diventati umani, precipitando in mare. Ma sotto di loro intravidero un piccolo scoglio, che spuntava dal mare agitato. Gli undici cigni si tuffarono velocemente e proprio nel momento in cui si posavano, le loro piume scomparvero. Tutta la notte i dodici fratelli si tennero stretti l’uno all’altro per non essere travolti dal mare. Al mattino, i principi-cigni ripresero il volo verso la loro nuova patria. Depositarono Elisa davanti a una grotta calda, poi si riposarono sulla sabbia, mentre lei accarezzava loro dolcemente la testa. Ogni giorno i cigni andavano in cerca di cibo, ma talvolta tornavano a casa tremanti di paura.
«Oggi il Duca che governa questa terra mi ha quasi colpito. Guarda: la sua freccia mi ha sfiorato la schiena». E allora anche Elisa tremava. Doveva trovare il modo di salvare i fratelli da quella terribile mezza-vita. Doveva! Un giorno Elisa, in cammino verso la città vicina, passò davanti a un cimitero. E là incontrò una donna vecchia e saggia e decise di chiederle consiglio. «Vi prego, aiutatemi», supplicò raccontandole la sua storia. «Aiutatemi perché prima o poi verranno colpiti da qualche cacciatore!»

La donna guardò intensamente Elisa, poi sorrise con tristezza. «Calmati, fanciulla. Un mezzo c’è per salvare i tuoi fratelli, ma dovrai essere molto coraggiosa.» «Farò qualsiasi cosa.» «Allora sta bene attenta. Dovrai raccogliere a mani nude le ortiche in questo cimitero, schiacciarle a piedi nudi e poi filarle, per farne undici camicie. Quando tutt’e undici saranno finite — e non prima — le farai indossare ai tuoi fratelli ed essi ritorneranno umani. Ma dal momento in cui coglierai la prima ortica fino a che l’ultima camicia non sarà indossata, non dovrai pronunciare una sola parola. Se parlerai, i tuoi fratelli moriranno.» Elisa stava già correndo verso il recinto del cimitero. Colse fasci di ortiche e le sue povere mani brucianti si ricoprirono di vesciche. Ma Elisa non se ne curava. Portò le ortiche alla grotta e le calpestò a piedi nudi. Quando al tramonto tornarono i cigni a casa lei stava già filando. Ben presto i suoi fratelli si accorsero di cosa lei stesse facendo, compresero
il suo sacrificio e piansero. Le loro lacrime cadevano sulle ferite di Elisa, alleviando il suo dolore. Giorno dopo giorno, Elisa raccoglieva l’ortica, la schiacciava, filava e tesseva. Poi, un giorno quando era già quasi al termine del suo lavoro, il Duca in persona scorse il suo bel viso mentre raccoglieva le ortiche. «Chi sei, fanciulla?» le chiese togliendole il fascio di mano e lasciandolo cadere per il dolore. Lei avrebbe voluto

raccontargli la sua storia, ma non poteva parlare. «Devi venire a palazzo con me. Ti farò curare le mani dal dottore di corte e ti darò un abito di velluto.» Il Duca l’accompagnò fino alla grotta, chiedendole invano di rispondere alle sue domande. Poi si spazientì. «Anche se sei muta, adesso basta: tu verrai con me!» Elisa ebbe appena il tempo di prendere le dieci camicie già pronte — e l’undicesima che era quasi finita — prima che il Duca la issasse sul suo cavallo e la portasse via. I grandi occhi di Elisa lo imploravano di lasciarla andare, ma era così incantevole, che più lui la guardava più la desiderava. Arrivati a palazzo, il Duca la chiuse a chiave in una stanza sontuosa e andò
a chiamare il dottore di corte. «È muta e ha i piedi e le mani coperti di piaghe. Potete curarla?» «Forse, forse», rispose il dottore. «Portatemi da lei. Almeno potrò darle dell’unguento per alleviare il dolore.» Ma mentre i due uomini salivano le scale che conducevano alla camera della ragazza, udirono una finestra sbattere. Elisa stava scappando! «Devo finire!» ripeteva tra sé mentre fuggiva. «Devo finire l’undicesima camicia!» Il Duca e il dottore seguirono Elisa fino al cimitero. Nascosti dietro le lapidi, la osservarono mentre coglieva le ortiche. «È una strega!» sibilò il dottore. «Le coglie per le sue pozioni e i malefici! Una strega! Una strega!»

Arrivarono i soldati ed Elisa venne trascinata in prigione. Il Duca la supplicò di difendersi. «Domani verrai bruciata sul rogo, se non spiegherai perché stavi raccogliendo ortiche al cimitero!» Ma Elisa non poteva spiegare, doveva rimanersene in silenzio. Venne gettata in una cella scura, col suo fascio di ortiche accanto. E lì, quella notte, schiacciò e filò le ortiche per l’undicesima camicia. All’alba, il boia venne a prenderla. Il carretto del condannato sussultava e sbatacchiava sulla strada dissestata, ma Elisa non sentiva la folla rumoreggiare, né vedeva il rogo, ma continuava disperatamente a cucire insieme i pezzi dell’undicesima camicia. Quando venne tirata giù dal carro, strinse a sé il lavoro. Poi il boia la condusse verso il rogo.
Il fuoco era stato appena acceso, quando si udì in cielo un gran battito d’ali. La folla guardò in su e vide undici cigni candidi planare sopra le loro teste e posarsi in circolo intorno al rogo. Una dopo l’altra, Elisa gettò le undici camicie sopra le piccole teste coronate dei cigni e quando il ruvido panno verde toccò le piume candide, i cigni si trasformarono in principi. La folla mormorava per lo stupore ed Elisa poté finalmente raccontare la lunga storia della sua lotta per salvare i fratelli. Allora il Duca si fece avanti e la allontanò dal rogo. «Adesso che puoi parlare, dimmi, Elisa: mi vuoi sposare?» E la Principessa Elisa lo guardò, prese la sua mano e rispose dolcemente: «Sì.»

Immagini collegate: