Un porcospino impara a volare

Un porcospino impara a volare

I Raccontastorie – Fascicolo 24

Ascolta l’audiocassetta!

      03 - Un porcospino impara a volare
Pag.1Pag.2Pag.3Pag.4Pag.5Pag.6

«Che peccato!» sospirò Spinosone sprofondando nella sua poltrona. «Ma perché i porcospini non possono prendere il brevetto di piloti? Perché io non posso imparare a volare?» La candela gettava una luce calda su Spinosone, intento a leggere, e il silenzio era rotto solo dal fruscìo delle pagine voltate. Spinosone era letteralmente affascinato dagli aeroplani ed era sempre immerso nel suo mondo di carlinghe, di propulsori e di aerei a reazione. Infatti, la cosa che desiderava di più era: poter volare! Dal suo buio angolino, una forbicetta arricciò il naso: «Un porcospino che vola? Ma dove andremo a finire?!…» Totalmente assorto nella lettura, Spinosone si riscosse solo quando, all’alba, cantò il primo merlo. Allora posò il libro con rammarico, si stropicciò gli occhi e uscì a respirare l’aria fresca del mattino. Perso com’era nei suoi sogni, non si accorse neppure delle siepi che profumavano di caprifoglio e brillavano per la rugiada. «Se fossi un uccello» si disse mentre osservava i passeri saltellare tra i cespugli «almeno farei qualche voletto. Sarebbe meglio di niente.» «Cosa dici, Spinosone?» chiese una voce gentile. Era la signora Tasso che faceva il suo giretto mattutino. «Che cosa stai rimuginando, amico mio? Ti ho salutato anche poco fa, ma non ti sei nemmeno voltato.» «Oh, signora Tasso!» Spinosone era quasi in lacrime. «Se solo potessi costruirmi un aeroplano, imparerei a volare!» La signora Tasso prese subito sul serio Spinosone. «Costruire un aeroplano è troppo complicato» disse con buon senso «ma potresti farti

un pallone. Non ti serve che un cestino, una cupola e tanta aria calda. Dovrebbe essere semplice. Ti darò una mano anch’io.» Spinosone era tutto eccitato. «Io ho un vecchio cestino da bucato, ma cosa usiamo per fare la cupola?» «Lascia fare a me!» gli rispose la signora Tasso con aria misteriosa. Mezz’ora dopo, Spinosone sentì bussare frettolosamente alla porta. Era la signora Tasso con un cestino stracolmo di sottovesti di tutti i colori. «Ecco la tua cupola!» esclamò. «Lo sapevo che le sottovesti della nonna sarebbero servite, prima o poi. Però non immaginavo che sarebbero diventate la cupola di un pallone!» La signora Tasso posò le sottovesti, corse a prendere la macchina da cucire e si mise subito al lavoro. Le ci vollero tre giorni, ma alla fine dovette riconoscere di aver fatto un gran bel collage.
Nel frattempo, Spinosone si dette da fare per i preparativi tecnici. Parlò al fabbro, che gli fece un piccolo bruciatore di latta per scaldare l’aria del pallone, poi si fece prestare delle mappe e ritrovò nello studio un vecchio cannocchiale. Non sapeva dove il suo viaggio l’avrebbe portato, perciò preparò il bagaglio con molta attenzione. Prese tante coperte, della corda, fiammiferi, della zavorra e perfino un gomitolo di filo. Poi, quand’ebbe stivato il cesto, si concesse di portare qualche piccolo lusso. Frugò nella dispensa e prese del tè di soffione, una dozzina di uova di quaglia e qualche verme in gelatina. Alla fine fu tutto pronto e arrivò il grande giorno della partenza. Spinosone portò tutto sul terreno di lancio e la signora Tasso venne ad assistere al grande avvenimento.

Arrivò il fabbro col bruciatore e Spinosone, tutto emozionato, si dette un gran daffare per fissarlo sotto al pallone. Poi accese con molta attenzione lo stoppino. «Togli il picchetto dopo che sei salito!» gli gridò la signora Tasso. «O il pallone decollerà senza di te!» Ed ecco che si sollevò, frusciante e maestoso, e Spinosone dovette arrampicarsi nel cesto in tutta fretta. «Evviva!» esclamò la signora Tasso. «Buona fortuna!» gridò il fabbro sventolando il grembiule. Poi le loro voci, man mano che il pallone si sollevava, divennero sempre più flebili.

«Che meraviglia!» sospirò Spinosone rilassandosi nel cesto. Il pallone continuava a salire e presto superò gli alberi, le colline e le montagne. Infine sorvolò l’oceano e salì tanto in alto che la Terra gli apparve come una grossa palla sotto di sé. Spinosone era così preso da quella vista che non si aspettava certo un incidente. Ma all’improvviso ci fu uno strappo e un tremendo sbuffo d’aria. Il pallone ondeggiò, poi cominciò a precipitare verso l’oceano, acquistando man mano velocità. Terrorizzato, Spinosone vide che i suoi aculei si erano impigliati nella seta del pallone e l’avevano strappato. «Che cosa farò?» piagnucolò Spinosone preso dal panico. «Non so nuotare!» Ma, mentre precipitava, ebbe un’idea. Prese del filo, si staccò un aculeo da usare come ago e si mise a cucire furiosamente. In men che non si dica, il pallone era riparato e cominciò a salire. Spinosone sospirò di sollievo. Il pallone saliva e saliva e presto
Spinosone si trovò a veleggiare beatamente fra le stelle. Studiò la Luna quando vi passò davanti e trascorse qualche piacevole ora a osservare la via Lattea. Ma dopo un po’ cominciò a sentire la stanchezza e si guardò in giro in cerca di un posto dove atterrare. Consultò le mappe e decise che Marte andava benone. Dopo non molto raggiunse il pianeta, ma scoprì che atterrarvi non era poi così facile. Come fare per scendere? Se faceva uscire troppa aria, sarebbe rimasto inchiodato su Marte per sempre! «Vediamo…» ragionò Spinosone. «Se l’aria calda va su, quella fredda dovrebbe andare in giù. Perciò, se raffreddo l’aria, il pallone scenderà!» Sperando nel meglio, trattenne il fiato e spense il bruciatore. E funzionò! Prima di quanto pensasse, Spinosone si trovò a precipitare a una velocità impressionante! L’atterraggio fu molto brusco.

Prima ci fu un tonfo, poi una capriola, dopodiché il cesto venne trascinato per terra a gran velocità. Spinosone si aggrappava disperatamente alle corde pensando: «Ma chi me l’ha fatto fare!» Alla fine il cesto si fermò. Spinosone si tirò su e sbirciò fuori, ma quel che vide lo deluse immensamente. Intorno a lui non c’erano che polvere e pietre e crateri! «Che desolazione!» mormorò pensando con nostalgia alla sua bella tana erbosa. Poi, d’un tratto, sentì qualcosa grattare! Il rumore proveniva da un cratere. Spinosone vide spuntare un lungo muso, poi un paio di occhietti vispi. Poco dopo, si trovò a fissare l’animale più strano che avesse mai visto. «Santo cielo!» esclamò Spinosone. «Non sarai mica un porcospino, tu?!»

«Potrei chiederti la stessa cosa!» ribatté l’altro con animosità. Ma poi la sua espressione cambiò e fece un gran sorriso. «Mi chiamo Sam» disse «e la tua è una magnifica sorpresa. Non abbiamo mai avuto un ospite! Vieni a conoscere la famiglia.» «Aspetta!» lo fermò Spinosone frugando nel cesto. «Ho qui qualche leccornia che penso vi piacerà.» E tirò fuori le sue uova di quaglia, i vermi in gelatina e l’ultimo panino ai sottaceti. Naturalmente, la famiglia di Sam volle sentire tutto del suo viaggio e così Spinosone trascorse una magnifica serata a raccontare le sue straordinarie avventure. Quando ebbe terminato, ci fu un momento di silenzio e poi Sam commentò gravemente: «Io, comunque, non ci salirò mai su uno di quei cosi!» Il che fece ridere tutti. Ma venne anche il momento, per
Spinosone, di separarsi dai suoi nuovi amici, che si radunarono tutti per vederlo partire. Gli dettero tantissimi regali, avvolti in bei sacchetti di stoffa colorata. Sam gli regalò una bellissima statuetta di un porcospino marziano; la moglie di Sam gli fece una delle sue torte speciali e i bambini gli regalarono i pezzi migliori della loro collezione di fossili. Spinosone si asciugò una lacrima, mentre li salutava, tuttavia non era poi così triste, perché sapeva che li avrebbe rivisti molto presto. Come mai lo sapeva? Beh, perché quel che gli piaceva di più al mondo era… volare!

 

Immagini collegate: