Biancaneve e i sette nani

Biancaneve e i sette nani

I Raccontastorie – Le più belle storie di Natale 1983

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      06 Biancaneve
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C’era una volta una bellissima regina che ricamava accanto alla finestra mentre, fuori, i fiocchi di neve cadevano leggeri come piume. A un tratto si punse un dito e tre gocce di sangue caddero sulla nera cornice di ebano della finestra, coperta di neve. «Oh, vorrei tanto avere una figlia con la pelle bianca come la neve, le labbra rosse come il sangue e i capelli neri come l’ebano», sospirò. E il suo desiderio si avverò: ebbe una bambina dalla pelle candida come la neve, le labbra rosse e i capelli neri come l’ebano. La chiamarono Biancaneve. Purtroppo, però, dopo pochi giorni dalla sua nascita, la regina morì. Il re fu molto addolorato, perché amava teneramente sua moglie, ma ci voleva qualcuno che si prendesse cura di Biancaneve, così cercò una seconda moglie. Sposò una principessa dal volto bello come il sole, ma dal cuore freddo come il ghiaccio. Era superba e vanitosa, e non tollerava l’idea che ci fosse qualcuno più bello di lei. Quando la nuova, moglie del re venne a palazzo, portò con sé unicamente uno specchio dalla cornice dorata. E ogni sera gli chiedeva sottovoce: «Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?» E lo specchio rispondeva: «Tu, mia Regina, sei senz’altro la più bella.»

Questa risposta la rendeva molto felice perché la nuova regina sapeva che lo specchio magico non poteva mentire. Ma Biancaneve, crescendo, diventava ogni anno più bella, finché un giorno, quando la malvagia matrigna pose la solita domanda, lo specchio rispose: «Tu mia regina splendi come una stella, ma Biancaneve è ancora più bella.» La Regina si infuriò e diventò verde d’invidia. Chiamò il cacciatore di palazzo. «Porta Biancaneve nella foresta e uccidila» ordinò. «Strappale il cuore e portamelo come prova che hai eseguito i miei ordini.» Pallido e tremante, il cacciatore reale

trovò Biancaneve che stava giocando in giardino e la prese per mano. Non la guardò in viso nemmeno una volta e nemmeno una volta si chinò per parlarle. Quando furono nel folto della foresta, estrasse la sua arma e la puntò al cuore di Biancaneve. Ma quando lei si volse a guardarlo con le labbra rosse e tremanti e i suoi bei capelli neri sparsi sulle spalle, il cacciatore si disarmò. «Non posso!» gridò tra le lacrime. «Vai pure, povera piccola.» E corse via, pensando che le bestie feroci avrebbero fatto quel che lui non aveva avuto il coraggio di fare. Mentre tornava a palazzo, uccise un piccolo cervo e gli tolse il cuore, poi andò dalla crudele regina e le disse che era il cuore di Biancaneve. La Regina scoppiò in una risata selvaggia e lo gettò ai suoi cani, esclamando: «Biancaneve è sistemata!» La bambina intanto vagava per la foresta, atterrita dalle ombre e dai rumori strani che sentiva intorno a sé. Ma quando gli alberi e i cespugli si accorsero di quanto fosse bella e spaventata, scansarono le spine al suo passaggio e le pietre taglienti non le ferirono i piedini.

Le bestie feroci la guardavano con i loro occhi gialli e lucenti, ma quando videro la sua bellezza, non ebbero cuore di farle del male. Era già quasi buio quando arrivò a una minuscola casetta in un folto di querce. Nessuno rispose quando bussò timidamente alla porta, perciò la spinse ed entrò. Che buffa casina, era quella! Tutto era pulitissimo. C’era una tovaglia bianca di bucato stesa sul tavolo, con sette panini, sette piatti, sette coltelli, sette forchette, sette cucchiai e sette coppe di vino, pronte per essere bevute. Vicino alla parete c’erano sette piccoli letti, tutti in fila. «Che fame ho», pensò Biancaneve, e dette un morsino a ogni panino e bevve

un sorso di vino da ogni bicchiere. Infine provò tutti i letti. «Questo letto è troppo lungo», disse del primo. «Questo è troppo corto», disse del secondo. Ma il settimo letto era proprio quello giusto e si coricò, addormentandosi profondamente. Al cadere della notte tornarono i padroni di casa, che erano sette piccoli nani. Avevano scavato tutto il giorno nelle montagne in cerca di oro e d’argento e anche loro erano affamati e molto stanchi, dopo la lunga giornata di lavoro. Accesero le candele e si guardarono intorno. «Chi si è seduto sul mio sgabello?» chiese il primo. «Chi ha toccato il mio piattino?» chiese il secondo,

«Chi ha morsicato il mio panino?» «E leccato il mio cucchiaio?» «E usato la mia forchetta?» «E spostato il mio coltello?» «E bevuto il mio vino?» chiese infine il settimo. Il primo nano guardò il suo lettino accanto alla parete. «Qualcuno si è sdraiato sul mio letto» esclamò. «E anche sul mio!» gridarono gli altri. «E qualcuno sta ancora dormendo nel mio!» disse infine l’ultimo nano. Tutti si affollarono intorno a Biancaneve. «Fate piano!» disse il primo nano. «Scostate il lume» disse il secondo. «Attenti a non svegliarla!» disse il terzo.

Fu così che l’ultimo nano passò la notte dormendo un’ora in ognuno degli altri letti, pur di non svegliarla. Al mattino Biancaneve si spaventò vedendo gli ometti, ma i nani furono gentilissimi. La bambina raccontò loro l’accaduto ed essi le assicurarono che poteva restare con loro quanto voleva. «Hai detto che sai cucinare?» chiese il primo nano. «E lavare?» aggiunse il secondo. «E pulire, tessere e lavorare a maglia?» fece il terzo. «Perciò devi proprio restare» dissero tutti in coro. «Ma ricorda bene, non devi far entrare nessuno in casa, mentre noi siamo al lavoro.»

Per mesi la regina visse nella certezza della morte di Biancaneve; non si prendeva nemmeno più la pena di interrogare lo specchio, finché una sera tardi, in assenza del re… «Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?» e lo specchio rispose: «Tu mia regina splendi come una stella, ma Biancaneve è ancora più bella!» La faccia della regina si contorse dalla rabbia. Infuriata, chiese allo specchio dove potesse trovare Biancaneve. «Custodita da un’allegra brigata, vive nel bosco, bellissima ed amata.» La perfida regina si travestì da vecchia merciaia e si inoltrò nel bosco in cerca di Biancaneve. Non le ci volle molto per trovare la casetta. «Fili, nastri e merletti!» gridò bussando alla porta. «Fili, nastri e merletti.» «Buongiorno» disse Biancaneve. «Avete qualcosa di carino da farmi vedere?» «Ho delle trine, del filo e dei nastri di tutti i colori dell’arcobaleno» rispose la finta merciaia.

Biancaneve dimenticò del tutto l’avvertimento dei nani e fece entrare in casa la vecchia. «Bella fanciulla», esclamò la regina, «che brutto nastro ha il tuo corpetto! Lascia fare a me» e tirò fuori un nastro scarlatto dalla sua cesta. Biancaneve non si mosse, aspettando che la vecchia le infilasse il nuovo nastro nel vestito. Ma la regina malvagia strinse i lacci sempre più forte, finché Biancaneve non ebbe più respiro e cadde svenuta. «E anche la tua bellezza è sistemata!» gracchiò la crudele regina, e tornò trionfante al castello. «Siam qui, Biancaneve» chiamarono i nani imboccando il sentiero di casa, ma quella sera nessuno rispose. Quando la trovarono, Biancaneve era pallida come una morta. «Presto, dell’acqua fredda!» gridò il primo nano.

«Aria, fatele aria!» esclamò il secondo. «Allentatele i lacci del corpetto!» ordinò il terzo. E quando infine tagliarono i lacci e l’aria poté fluire di nuovo nei suoi polmoni, Biancaneve si riprese. «Ora la regina sa che sei viva» le dissero i nani. «Ricordati: non far entrare nessuno!» «Devi fare più attenzione» la ammonì il maggiore dei nani. «Chiudi la porta a chiave.» Naturalmente, la regina venne presto a sapere per mezzo dello specchio che Biancaneve non era morta. «Questa volta non ci saranno errori», giurò a se stessa. Usando tutti i suoi poteri magici, preparò una mela speciale. Metà era verde e buona, l’altra metà era rossa e imbevuta di un veleno mortale. Travestita da contadina, bussò di nuovo alla porta della casetta. «Mele, mele!» gridava. «Mele. Fresche, appena colte.» Biancaneve sbirciò la contadina dalla finestra. «Per favore, vada via» esclamò. «Non posso aprire la porta agli estranei.» «Fai bene» disse la regina estraendo dal cesto la mela avvelenata, «sei una ragazza molto bella e saggia. Eccoti una mela, te la regalo.

Mangiala alla mia salute.» La mela aveva un aspetto davvero invitante. Biancaneve ne assaggiò un boccone… naturalmente addentando la parte più rossa, e cadde morta. «Questa sì che è veramente la tua fine!» sghignazzò con cattiveria la regina e, compiaciuta per quello che aveva fatto, si affrettò a tornare a palazzo. Appena entrata in camera sua, interpellò lo specchio: «Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?» E lo specchio rispose: «Tu mia regina, sei la più bella e rifulgi come una stella.» Al cadere della notte, i nani tornarono dalla montagna. «Non respira più!» gridò il primo nano quando trovò Biancaneve.

«Il suo cuore non batte più!» pianse il secondo. «È proprio morta!» gridò il terzo. «Come sarà vuota la nostra vita senza Biancaneve» disse il quarto disperato. E gli altri erano così sconvolti che non potevano dire nemmeno una parola. I nani non vollero seppellirla nella terra fredda e scura e così costruirono una bara di cristallo per poterla guardare ancora. Poi, incisero su una placca d’oro: QUI GIACE BIANCANEVE, FIGLIA DI UN RE. Posero la bara in cima a una verde collina e due di loro facevano la guardia giorno e notte. Gli uccellini venivano a cantare intorno a Biancaneve, gli animali le si accucciavano accanto: gli scoiattoli,

i conigli, i cerbiatti e gli altri animali del bosco. Biancaneve giacque nella sua bara per molti anni e i nani non la lasciarono mai sola. Per tutto quel tempo, lei rimase bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano. Lentamente cresceva e si trasformava in una giovane donna, più bella di quanto non fosse mai stata. Un giorno, un principe passò di lì e vide la bara con l’iscrizione dorata. «Mi piacerebbe portarla via con me» disse, ma i nani non vollero separarsi da lei. «Accettereste una ricompensa?» chiese il principe. «Biancaneve era per noi più preziosa di tutto l’oro del mondo», replicarono i nani. «Allora, per pietà, lasciate che io la baci almeno una volta!» implorò

il principe. «Poiché se fosse stata viva, io l’avrei amata più della vita stessa!» I nani si consultarono, poi alla fine acconsentirono e aprirono la bara di cristallo. Ma nell’istante in cui le labbra del principe toccarono quelle di Biancaneve, il pezzo di mela avvelenata cadde dalla sua bocca ed essa aprì gli occhi. «Dove sono?» «Sei salva» le disse il principe. Biancaneve lo guardò negli occhi e rimase affascinata. «I tuoi occhi hanno il colore del mare. I tuoi capelli sono dorati come il sole!» Il principe era fuori di sé dalla gioia al vederla tornare alla vita. «Ti amo più di ogni cosa al mondo. Sposami e vieni con me nel regno di mio padre.» Così Biancaneve disse addio ai sette nani che l’avevano amata tanto. Li ringraziò e promise loro che sarebbe andata spesso a trovarli. Poi se ne andò

con il principe al castello del padre, dove fu preparata una grandiosa festa di matrimonio. Intanto la regina malvagia si stava pavoneggiando di fronte allo specchio. «Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?» Ma questa volta lo specchio scoppiò in una risataccia di scherno: «La tua odiosa faccia è nera e greve paragonata a quella di Biancaneve!»  «Aaargh» strillò la regina, e afferrato lo specchio, lo scaraventò contro il davanzale della finestra, mandandolo in mille pezzi. Una scheggia di vetro, appuntita come una lama, penetrò nel suo perfido cuore, ed essa cadde morta tra i luccicanti resti dello specchio. E così non poté vedere Biancaneve, bella come lei non era mai stata, cavalcare al fianco di suo padre alla volta della cappella reale, dove il suo bel principe la attendeva.

 

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