Buon Natale, Babbo Natale!

Buon Natale, Babbo Natale!

I Raccontastorie – Le più belle storie di Natale 1983

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      08 Buon Natale Babbo Natale
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Neanche a farlo apposta, u proprio la vigilia di Natale che Rodolfo, la renna, trovò Babbo Natale in lacrime! «Mi dispiace, sono uno sciocco», disse Babbo Natale. «Fai finta di non avermi visto.» E si soffiò rumorosamente il naso nel fazzoletto. «Ti sei stancato troppo», gli disse Rodolfo con affetto. «La prossima settimana bisogna che ti prenda una bella vacanza.» «Sì, sì, certo, sarà così.» Babbo Natale tirò su col naso e cercò coraggiosamente di sorridere, tanto per sdrammatizzare. Tentò di schiarirsi la gola, ma il suono si tramutò subito in un singhiozzo: «Boh-ho-ho.» Posò la testa sulle braccia e riprese a piangere
‘sperato. «Oh, Rodolfo! Sono proprio un vecchio sciocco ed egoista, ma se solo potessi vedere una volta… almeno una volta…!» «Vedere cosa? Ma che ti succede, vecchio mio? A me puoi dirlo, no?» Babbo Natale scosse la testa e tentò ancora una volta di sorridere, ma non c’era verso. «Bo-ho-ho», singhiozzò. «Vorrei vedere un Natale, naturalmente. Almeno uno! Ogni vigilia io scalo tetti scivolosi, cercando di non svegliare i bambini, facendo sforzi per ricordarmi i doni che mi hanno chiesto. Penso che siano soddisfatti di quello che gli porto, perché ogni anno mi chiedono cose nuove, ma vorrei vederlo con i miei occhi.

Ho sentito dire che la gente ama il Natale, ma come faccio a saperlo di sicuro? Dopo le consegne, torno qui, mangio un panino con te e con le altre renne e piombo stanco morto sul letto.» Rodolfo non diceva niente, stava in silenzio davanti al camino acceso di Babbo Natale, mentre la neve che copriva la sua folta pelliccia
si scioglieva e gocciolava sul tappeto. Stava riflettendo. «Quest’anno non andrà così, Babbo Natale», disse infine. «Avrai un vero Natale,. quest’anno. Aspetta e vedrai. Ci servono solo un paio di costumi. Ci sono mucchi di abiti vecchi nell’armadio del sottoscala. Se ci travestiamo da sciatori o da pagliacci, o perfino da angeli, possiamo far visita a un sacco di famiglie e festeggiare insieme a loro.» E così, quella notte, dopo aver consegnato tutti i regali, Babbo Natale cambiò il suo itinerario. Invece di dirigere la slitta verso casa, al Polo Nord la parcheggiò in una stradina dietro il parco. Mentre le altre renne facevano un delizioso pasto di foglie, Babbo Natale e Rodolfo si cambiarono d’abito dietro ai cespugli. Il mattino dopo di buon’ora passeggiavano per le strade innevate con dei berrettoni da sci in testa, occhialoni da neve e un paio di sci sulle spalle. La gente cominciava appena a svegliarsi. Dalle finestre dei piani superiori piovevano pezzetti di carta da regalo e si udivano i gridolini di gioia dei bambini, mentre aprivano i pacchetti. «Guarda cosa ho ricevuto!» «Che bellezza!» «Posso giocarci subito?»

Rodolfo gettò un’occhiata di sottecchi a Babbo Natale e lo vide sorridere sotto i baffi. «Sembrano proprio felici, eh?» disse timidamente il buon vecchio. Bussarono alla porta del n° 14 e la signora Dolcini venne ad aprire. Dietro di lei si intravvedeva la sala in cui le sue sei figlie stavano aprendo i pacchi intorno all’albero. SeMbravano così felici dei regali che Babbo Natale gli aveva portato, che i suoi occhialoni da sci si appannarono per la commozione. «Buongiorno» stava dicendo Rodolfo, «passavamo di qui e abbiamo pensato di bussare per augurarvi Buon Natale. Se vuole può invitarci ad entrare.» «Io non vi conosco. E poi a Natale sono molto occupata. Tornate la settimana prossima.» E chiuse la porta. «Che peccato!» disse Rodolfo deluso. Tornarono nel parco, si vestirono da pagliacci e bussarono a un’altra porta. «Ho da fare in cucina», disse la signora Rossi del n° 32. «Cosa volete?» Dietro di lei, i suoi quattro figli stavano
giocando con un trenino elettrico nuovo di zecca. Era stato molto difficile per Babbo Natale calarlo dal camino. Ma ne era valsa la pena, ora che vedeva i ragazzi divertircisi tanto. «Abbiamo pensato che forse a lei e alla sua famiglia farebbe piacere assistere ai nostri scherzi, trucchi e barzellette» stava dicendo Rodolfo, «perciò se ci lasciate entrare…» «Estranei? Per Natale? Ma il Natale è una festa di famiglia. Mi spiace.» E la signora Rossi chiuse la porta. Rodolfo gettò un’occhiata a Babbo Natale e vide che le sue labbra tremavano come se stesse per piangere. Tornarono un’altra volta nel parco, si vestirono da angeli e andarono a cantare canzoni natalizie sotto le finestre del n° 48.

Dentro la casa i ragazzi suonavano gli zufoli che Babbo Natale aveva portato la notte prima. «Anche voi vi ci mettete?» gridò minaccioso il signor Neri dalla finestra della camera da letto. «Come se non bastasse dover sopportare i ragazzi che da stamani alle cinque ci rompono i timpani con quei dannati zufoli! Andatevene subito!» Babbo Natale si tirò su il sottanone da angelo e se ne tornò alla slitta di corsa. Rodolfo non riusciva a stargli dietro. Galopparono in direzione del Polo Nord senza scambiarsi una parola. Quando finalmente arrivarono a casa, Rodolfo chiese: «Vieni a mangiare un panino con noi, Babbo Natale? Devi essere esausto. Non dormi da due giorni.»

Babbo Natale annuì. Era troppo stanco anche per rifiutare. «Ma almeno quello che gli ho portato è piaciuto, no?» disse strofinando il ruvido manto marrone di Rodolfo. La renna gli tolse gli stivali, lo fece sedere in una poltrona vicino al camino con un grosso sandwich e un bicchiere
di birra, e lo lasciò solo in compagnia del fuoco acceso. Babbo Natale si addormentò immediatamente. Quando si svegliò e cercò i suoi stivali, non li trovò al solito posto. Erano invece vicino al camino e dentro c’erano otto pacchetti accuratamente incartati. «Ma che diavolo?!…»

Improvvisamente tutte le luci si accesero e si udì un gran scoppio di voci che gridavano: «Evviva Babbo Natale! BUON NATALE, BABBO NATALE!» La stanza era piena zeppa. C’erano le otto renne, le sei bambine Dolcini, e un’orchestra formata dai quattro figli del signor Neri che suonavano una dolce nenia natalizia con gli zufoli nuovi. Uno striscione colorato sulla parete diceva: TI RINGRAZIAMO TANTO, e la tavola era imbandita come per un banchetto. Una delle bambine Dolcini spiegò: «Ognuno di noi ha portato qualcosa che è avanzato dal pranzo o dalla cena di Natale. Sai, c’è sempre troppo da mangiare a Natale!» Babbo Natale si soffiò rumorosamente il naso. «Rodolfo, questa è farina del tuo sacco. Come hanno fatto questi ragazzi a venire fin qui?» «Io mi sono limitato a spiegare loro la faccenda mentre tu dormivi e tutti immediatamente hanno voluto venire da te.» «Vorrei proprio che ieri la mamma vi avesse invitati a restare con noi!» disse il piccolo Neri.
«Beh, ci resta ancora tutta la notte di Natale, no?!» esclamò Babbo Natale raggiante. «Io non sono stanco nemmeno un po’, se voi non lo siete. E con l’aiuto di Rodolfo, prometto che sarete a casa prima di domattina.» E Babbo Natale cominciò ad aprire per prima cosa i regali delle renne: un paio di calzini, una veduta del Polo Nord, un nuovo paio di campanellini da slitta, un altro paio di calzini, uno scopino per il caminetto, un rasoio, un altro paio di calzini… e il regalo di Rodolfo era un gilé rosso con delle renne ricamate sul petto. Babbo Natale si mise le tre paia di calze una sull’altra, si infilò il gilé sul costume da angelo e corse fuori sulla neve gridando: «Non è una bellezza il Natale? Non è una cosa meravigliosa?» E tutte le renne furono d’accordo nel dire che non l’avevano mai visto così felice.

 

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