La torta delle Fate

La torta delle Fate

I Raccontastorie – Le più belle storie di Natale 1984

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      09 La torta delle fate
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Cera una volta una giovane donna di nome Lucia che faceva le torte più buone del mondo. Un brutto giorno le fate la rapirono e la rinchiusero nella cucina del Paese delle Fate. «Facci una torta,» intimavano tutte, «una torta grande, croccante, cremosa, con tanta glassa sopra!» «E cosa mi succederà dopo che vi avrò accontentate?» chiese Lucia. «Oh, ti trasformeremo in albero.»

“Non voglio essere trasformata in albero” pensò Lucia, e alle fate disse: «Come faccio a cucinare una torta senza farina? Fareste bene a volare fino alla mia cucina e a portarmi un sacco di farina». Le fate volarono fino alla fattoria dove viveva Lucia e, sempre volando, le portarono il sacco di farina. Lucia scosse la testa. «Come faccio a cucinare una torta senza uova? Fareste bene a volare fino al mio pollaio e a portarmi mezza dozzina di uova.» Le fate volarono di nuovo fino al pollaio e tornarono con sei uova — impresa difficilissima per una fata, perché le uova non hanno manici. «Ma come posso fare una torta senza zucchero?» disse ancora Lucia alle fate. «Fareste meglio ad andare in fretta nella mia credenza

 

a prendermi un sacchetto di zucchero.» Le fate volteggiando volarono fino alla fattoria e trovarono lo zucchero nella credenza; e un po’ per una lo portarono al Paese delle Fate. «Oh, ma vi siete dimenticate il lievito!» esclamò Lucia. «Non vorrete una torta bassa come un piatto, vero?» E mandò le fate a prendere il lievito. Poi le mandò di nuovo a prendere le ciliegine, la panna e una teglia. E ad ogni viaggio le fate erano sempre più stanche, finché non riuscirono più ad alzare le ali. «Ecco! Sono pronta!» disse Lucia mettendo tutti gli ingredienti nella ciotola. «Ma.. oh povera me, sono troppo preoccupata per il mio bambino e non riesco a fare la torta; dovrete andare a prenderlo e portarmelo qui.» «Uffa, e va bè!» esclamarono le fate di malumore. Non avevano nessuna voglia di andare: erano sfinite. Ma c’era forse un altro modo per ottenere la torta? Erano appena tornate

con il piccino e la sua culla, che Lucia guardò l’orologio. «Oh! Santo cielo! È l’ora in cui mio marito cena. Devo andare a cucinargli qualcosa.» «Oh, questo no davvero,» replicarono minacciosamente le fate. «Che se la prepari da solo, la cena!»

Ma Lucia scoppiò in una tale risata da non riuscire né a muoversi né a respirare. «Prepararsi la cena da solo? Ma se non è capace nemmeno di imburrare una fetta di pane! No, no, dovete andare a prenderlo e io gli spiegherò perché sono in ritardo con la cena.» E le fate volarono stancamente alla fattoria e tornarono indietro con il marito di Lucia. Poi si sedettero per terra, appoggiandosi l’una all’altra per riprendere fiato. «Hai chiuso il cane e il gatto prima di venire?» chiese bruscamente Lucia al marito facendogli contemporaneamente l’ occhiolino. «Hmm, no, non ho avuto tempo,» rispose lui. «Come? Non li hai chiusi? Ma rovineranno tutta la casa! Mi

dispiace, fate, ma dovete andare a prenderli, non c’è altra soluzione!». Le fate non riuscivano quasi ad alzarsi dal pavimento, ma erano così affamate che avrebbero fatto qualunque cosa per una torta. Spiegarono stancamente le ali e volarono fino alla fattoria, tornando con il cane e il gatto. «Ora finalmente posso cucinare la torta, ma dov’è il forno?» «Forno? Hai bisogno di un forno?» piagnucolarono le fate. Lucia rise e suo marito rise con lei. «Ma certo che ho bisogno di un forno!» E le fate dovettero trascinarsi fino alla fattoria e tornarono barcollando sotto il peso della gigantesca cucina economica di ferro.

Mentre le fate erano assenti, Lucia ordinò a suo marito: «Canta!» e poi disse al gatto: «Miagola!» e al cane: «Abbaia!» e al bambino: «Piangi!» La porta si spalancò e il forno fece il suo ingresso. Le fate lo sistemarono e poi piombarono esauste sui loro lettini. Ma l’uomo cantava. E il gatto miagolava. E il cane abbaiava. E il bambino piangeva.

«Ssss, sssss, smettetela!» strillarono le fate coprendosi le orecchie. «Andate via, per piacere!» pregarono tirandosi i cuscini sulla testa. «Benissimo,» rispose Lucia, «ma solo se promettete di riportarmi il forno domani mattina.» Il marito prese il bambino con la sua culla, e Lucia prese il gatto, mentre il cane li seguiva. Tornarono a casa, dove cenarono allegramente con un pasticcio di carne fredda e delle focaccine.

Ma Lucia, malgrado fosse felicissima di non essere stata trasformata in albero, provava pena per le fate che non avevano nessuno che cucinasse loro le torte. Così, quando le riportarono il forno, la prima cosa che fece fu una torta grossa, croccante, cremosa e con tanta glassa sopra, che poi lasciò fuori della porta. E volete sapere una cosa? Il mattino seguente era sparita!

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