Gobbolino, il gatto del cavaliere

I Raccontastorie – Fascicolo 3

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      03 - Gobbolino il gatto del cavaliere
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Gobbolino stava tristemente seduto sul ciglio di una strada quando Clop! Clop! sentì il rumore di un cavallo che si avvicinava. Infatti, dietro la curva comparve un bel destriero montato da un cavaliere pallido e triste. Non appena il cavallo vide Gobbolino, fece uno scarto tale che quasi quasi disarcionò il cavaliere. «Buongiorno gattino!» esclamò il cavaliere, «cosa fai tutto solo sulla strada del re? Lo sai che sei proprio carino? Perché non salti sul mio cavallo e non vieni con me?» Mentre cavalcavano gli rivelò la causa della sua tristezza. Raccontò che era innamorato della bella Dama Alice, ma che anche il barone nero, del castello vicino, ne era innamorato.

La Dama Alice, però, non voleva sposare nessuno dei due, così il padre l’aveva rinchiusa in un’alta torre da cui non sarebbe uscita finché non si fosse decisa a scegliere. I due rivali andavano ogni giorno a trovarla e le portavano dei bellissimi doni, poiché Dama Alice aveva promesso di sposare quello fra i due che avesse indovinato quale regalo aveva portato l’altro pretendente. Ma ogni giorno il barone nero riusciva a indovinare qual era il regalo del cavaliere triste, e ogni giorno il cavaliere riusciva a indovinare qual era il regalo del barone nero. La torre si trovava nel folto del bosco, custodita a vista da un enorme drago. Il drago era vecchio e pigro, ma Gobbolino, che non ne aveva mai visto uno, fu terrorizzato quando vide le sue spire attorcigliate alla torre. Il cavaliere, tenendo Gobbolino in braccio, bussò imperiosamente. Il drago aprì pigramente un occhio, li guardò, ma non si mosse. Rosabella, la cameriera di Dama Alice, si precipitò ad aprire la porta. «È sola Dama Alice?», domandò il cavaliere. «Sì cavaliere, il barone è andato via mezz’ora fa e ha portato in dono delle bel, ssime palle d’ avorio.»

Ora Gobbolino capiva come mai i due pretendenti indovinassero i regali. Il cavaliere e Gobbolino seguirono Rosabella su per le scale e giunsero in cima alla torre dove Dama Alice, seduta accanto al suo fuso, guardava fuori dalla finestra verso la foresta. «Oh, che grazioso gattino!» esclamò, «ti prego, fallo venire da me.» Gobbolino saltò in grembo alla donna e si acciambellò facendo le fusa. «Rimani con me per sempre, caro piccolo gattino», sussurrò la dama «mi sento così sola con l’unica compagnia della mia cameriera, di quello sciocco cavaliere, dello stupido barone e di quel pigro drago. Sei il regalo più bello che abbia mai ricevuto.» Acciambellato ai piedi della dama Gobbolino non era stato mai tanto felice. La mattina seguente, Dama Alice si affacciò alla finestra ed esclamò: «Vedo che sta arrivando il barone nero; Rosabella, aprigli la porta, ma non dirgli qual’è il regalo del cavaliere.»


Gobbolino sapeva che Rosabella avrebbe spifferato tutto, così scivolò dietro di lei e le bisbigliò all’orecchio: «Se dici una sola parola al barone, ti trasformerò in un ornino di marzapane e il drago ti mangerà.» Il barone bussava alla porta prepotentemente. Rosabella gli aprì, ma, non gli disse una parola sul regalo del cavaliere. Così il barone salì le scale di pessimo umore, perché fino a quel momento non gli era mai mancato l’appoggio di Rosabella. «Immagino che il cavaliere ti abbia regalato una coppia di piccioni, no?» disse alla dama. «Oh, povera me, no; e se non indovini nei prossimi due giorni, sposerò lui e non te.» Al cader della notte, Dama Alice tirò fuori la sua arpa e si mise a suonare delle melodie così tristi che alla fine scoppiò in lacrime. «Oh Gobbolino, che ne sarà di me? Ora mi toccherà sposare il cavaliere
e invece io non voglio sposare nessuno dei due: sono innamorata di un giovane nobile signore. Ma è andato in guerra, e adesso mio padre si è messo in testa che devo sposare uno di questi due stupidi. Che devo fare?» Il giorno dopo il barone arrivò con cinque monete d’oro per Rosabella, ma nonostante ciò lei non volle dirgli quale fosse il regalo del cavaliere. «Oh non posso» singhiozzò, «non oso! Il regalo mi trasformerebbe in un ornino di marzapane e mi graffierebbe con le sue zampette!» «È un gatto!» gridò, furbissimo, il barone, «è il gatto di una strega!» Proprio in quel momento arrivò il cavaliere. Entrambi i pretendenti corsero su per le scale mentre Rosabella singhiozzava dietro di loro.

«È il gatto di una strega» urlò il barone. «Te l’ha detto Rosabella» strillò il cavaliere, «Ci stregherà tutti» minacciò il barone giungendo in cima alla torre. «Chiedo la vostra mano, Dama Alice» esclamò il cavaliere, ma prima che lei potesse rispondere il barone sfoderò la spada e un terribile combattimento ebbe inizio. In quel momento, uno squillo di tromba risuonò nella foresta. Un cavaliere e il suo destriero galoppavano verso la torre. «È il mio giovane signore!» esclamò Dama Alice slanciandosi giù per le scale. Rosabella la seguì, scavalcò il drago e corse a casa singhiozzando. Dama Alice andò incontro al suo amato che la sollevò e galoppò via con lei. Di sopra, intanto, il cavaliere e il barone stavano ancora lottando. Tutto quel baccano svegliò il vecchio drago. Lentamente srotolò la coda, si stiracchiò e la torre cominciò a oscillare.

Qundi, con un tremendo sbadiglio aprì la bocca e il ruggito ne uscì fu assordante: Gobbolino ebbe appena il tempo di saltar fuori prima che la torre crollasse addosso al barone e al cavaliere che seguitarono a combattere in mezzo alle rovine. «Sono stato un gatto di casa, e un gatto da esposizione, un gatto di nave, e adesso il gatto di un cavaliere. Quello che preferivo era essere un gatto di casa. Chissà se riuscirò a diventarlo un’altra volta?» E trotterellando, si allontanò dalla foresta in cerca di una nuova casa.