Il Principe Ranocchio

Il Principe Ranocchio

I Raccontastorie – Fascicolo 18

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      04 - Il principe ranocchio
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C’era una volta un Re la cui figlia era così bella che perfino il sole era oscurato dal suo smagliante sorriso. Ogni giorno giocava felice con il suo giocattolo preferito: una palla d’oro. La faceva rimbalzare contro le mura del palazzo, la faceva roteare sulla punta di un dito, la teneva in equilibrio sul naso e la gettava in aria, per poi riprenderla. Un giorno di sole, mentre giocava nel bosco reale (cimentandosi a gettare la palla sempre più in alto), le capitò di lanciarla troppo lontano. Il globo dorato

sbatté contro le foglie di un cedro, poi rotolò per il bosco e infine cadde in uno stagno profondo; lentamente affondò nell’acqua fino a sparire. E che scene fece la principessa! Si rotolò per terra vicino allo stagno e singhiozzò e pianse sempre più forte. «Oh, perché è successo? Avrei preferito perdere qualunque altra cosa piuttosto che la mia preziosa palla! E adesso che cosa farò?!» «Ma che succede?» disse una strana voce. «Ti prego, smettila, graziosa fanciulla, mi spezzi il cuore.»

La principessa vide gli occhi sporgenti di un grosso ranocchio che la guardavano dalla riva dello stagno. Il suo muso rigonfio era talmente vicino che lei si ritrasse subito. «Io… io ho perso la mia palla d’oro», singhiozzò. «È caduta nello stagno e non la riavrò mai più.» «Non piangere», gracidò la rana. «Se mi prometti di farmi compagnia e di giocare con me, di farmi mangiare dal tuo piatto e di lasciarmi dormire sul tuo cuscino, io mi tufferò e te la riprenderò.»

La principessa, felice, batté le mani. «Oh sì, ti prego!» «Un ranocchio, a volte, si sente molto solo, sai?…» disse l’animaletto, esitando sulla superficie dello stagno. «Sì, sì, giocherò con te, te lo prometto», gridò la principessa «ma spicciati prima che la mia palla sprofondi nel fango.» La rana si tuffò in profondità e tornò a galla tenendo la palla dorata nella sua grossa bocca verde. La principessa fece una smorfia e prese la palla solo con due dita. «Uhm, potevi prenderla con le zampe, invece che con le bocca!» Ma bastò un po’ d’erba per ripulire la palla, e presto la principessa riprese a gettarla in aria mentre correva verso il palazzo. «Aspettami!» gracidò il ranocchio saltandole dietro. «Non ce la faccio a seguirti.»


Ma la principessa non sentiva. Si era già scordata dell’aiuto che le aveva dato il ranocchio. Quella sera, a cena, per dolce c’era la zuppa inglese con la crema e la principessa ne prese una porzione gigante. Ma non fece a tempo ad alzare il cucchiaio, che sentì un rumore sullo scalone: un doing, doing, come di piccoli saltelli di due piccoli piedi piatti. Era il ranocchio verde! Con un bel salto, atterrò sul tavolo vicino alla coppa della principessa. «Perché non mi hai aspettato?» chiese con la testa inclinata

da un lato e le palpebre che sbattevano alla forte luce della sala. «Vai via! Stai bagnando la tavola.» sbottò la principessa. «Uffa, puzzi di stagno!» «Hai invitato tu questa rana a cena?» chiese il Re. «No», rispose la principessa. «Però mi ha promesso che avrei potuto mangiare dal suo piatto», aggiunse il ranocchio «e che mi avrebbe tenuto compagnia.» «È vero?» La principessa arrossì, «Beh, qualcosa di simile devo averlo detto.» «Allora spero che manterrai la tua parola, ragazza mia!» La principessa abbassò gli occhi e non disse niente, ma appena le fu possibile, scivolò via da tavola per andarsene in fretta a letto.

«Aspettami!» gridò la rana saltando giù dalla tavola, mentre la principessa correva verso la porta. «Hai promesso di lasciarmi dormire sul tuo cuscino!» La principessa, disperata, guardò il ranocchio e poi suo padre e poi ancora il ranocchio e poi ancora suo padre. «Mi pare una cosa molto sciocca da Promettere», tuonò il Re. «Ma spero che manterrai la tua parola, ragazza mia!» Alle dure parole del padre, la principessa scoppiò in lacrime. «Ma è ributtante!» mormorò fra le lacrime. «Mi fa schifo. Ti prego, padre, non obbligarmi a dormire con lui.» Ma il Re insistette e la costrinse a prendere in mano il viscido animale. Quando arrivò in camera da letto, la principessa gettò la rana sul divano.

«Ecco, puoi dormire lì! E non ti muovere!» Mentre la graziosa principessa si preparava per andare a letto, la rana la osservava con i suoi tristi occhietti ammiccanti. «Mi trovi davvero tanto ributtante?» chiese. «Beh, non veramente. E poi mi hai aiutato, perciò dovrei esserti grata.» «Allora lasciami dormire sul tuo cuscino.» «No!» strillò la principessa. «Me l’hai promesso.» «Ho detto di no!» «Allora domani lo dirò a tuo padre.» «Non m’importa. Raccontalo a chi ti pare. Non dormirai sul mio cuscino e basta.» E con queste parole,

la principessa spense la candela. «Mi farai piangere», disse la voce dal sofà. La principessa accese di nuovo la candela. «Senti, se hai intenzione di piagnucolare tutta la notte perché non puoi dormire sul mio cuscino, allora sarà meglio che tu ci venga subito. Ma ti prego, ti prego, resta dalla tua parte e non ti avvicinare!» Con un tremulo gracidìo, la rana chiese: «Baciami!» «Santo cielo, no davvero!» gridò la principessa. «Una volta sola, ti prego!» «No!» «Ti prego!» implorò la rana, «Uff, va bene», esclamò la principessa. «Una volta sola, però… ma prima spegnerò la candela.» «No! Ho paura del buio. Dammi solo il bacetto della buonanotte.»

E così la principessa chiuse gli occhi e baciò la rana più in fretta che poté. «Bene! Ora puoi aprirli», disse una voce calda sul cuscino vicino a lei. E chi credete che ci fosse lì sdraiato sul letto, con la testa appoggiata a una mano e gli occhi neri fissi su di lei?

Il giovane più bello che la principessa avesse mai visto! «Chi… chi sei?» balbettò. «Sono il Principe Ranocchio. Molti anni fa, quando ero ancora un ragazzo, una maga mi fece un incantesimo e mi trasformò in ranocchio. Disse che lo sarei rimasto finché una bella principessa non avesse acconsentito a baciarmi. E tu, mia cara, adorabile fanciulla, tu hai spezzato quell’incantesimo. Vuoi sposarmi? Io ti amo già teneramente.» «Sì, mio principe.» Il mattino seguente, mentre il sole sorgeva sul palazzo, il principe chiese al Re la mano della sua bella figlia e, con la sua benedizione, la condusse verso il suo regno. E tutto il popolo si rallegrò e li salutò e batté loro le mani, al passaggio del cocchio scintillante tirato da otto eleganti destrieri. Fu così che la principessa e il «Principe Ranocchio» vissero insieme per sempre felici e contenti.

 

 

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