Un leone a scuola

Un leone a scuola

I Raccontastorie – Fascicolo 26

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      04 - Un leone a scuola
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C’era una volta una bambina a cui non piaceva affatto andare a scuola. Usciva di casa sempre in ritardo e poi naturalmente doveva correre. Una mattina, girando l’angolo di corsa, come al solito, si trovò di fronte un enorme leone che la guardava con i suoi occhi gialli e le mostrò dei denti affilati come coltelli. «Se non vuoi che ti mangi» le disse con un ruggito «portami a scuola con te.» «Ma la maestra non vuole che

portiamo a scuola i nostri animalini!» rispose accorata la bambina. «Ma io non sono un animalino!» replicò il leone. Fece un altro ruggito e mosse la coda di qui e di là, molto arrabbiato. «E va bene, allora» acconsentì la bambina «però mi ci porti in groppa. D’accordo?» «D’accordo» disse il leone. Così, reggendosi alla criniera, la bimba arrivò a scuola in groppa alla sua straordinaria cavalcatura.

Entrarono in classe proprio mentre la maestra faceva l’appello. Quando li vide si zittì e disse alla bambina: «Lo sai che non è permesso portare gli animalini a scuola.» Il leone cominciò a muovere la coda di qui e di là e la bambina disse in fretta: «Ma non è un animalino, è un mio amico che viene a scuola con me.» «Allora va bene. E come si chiama?» «ENOEL» rispose pronta pronunciando la parola LEONE all’indietro, poiché sapeva che non sarebbe mai riuscita a convincere la maestra che si trattava di un leone vero. La maestra scrisse Enoel

sul registro e continuò a fare l’appello. «Elisabetta Scotti» chiamò. «Presente!» rispose la bambina. «Enoel» chiamò la maestra. «Presente» rispose il leone cercando di aprire la bocca il meno possibile, per evitare che la maestra vedesse i suoi denti aguzzi come punte di coltelli. Poi si sedette buono buono nel banco vicino alla sua piccola amica.

Durante la ricreazione, la bimba se ne stette in un angolo del campo da gioco col suo leone. «Perché non giochiamo anche noi con gli altri?» chiese il leone. «Perché ci sono dei bambini grandi così maneschi che mi fanno sempre cadere.»

«A me, non mi farebbero cadere di certo!» esclamò il leone con un ruggito, «E poi c’è un bambino» continuò la piccola «il più alto di tutti, che chiamano “il Grosso”, che mi dà gli spintoni apposta.» «E qual è? Fammelo vedere.» «Quello con la V sul maglione.» «Aha!» fece il leone. «Così è lui “il Grosso”, eh?!» Proprio in quel momento il Grosso si mise a correre intorno a loro e ogni volta il cerchio si stringeva e lui si avvicinava di più alla bambina. «Vattene via» gli disse il leone «fai cadere la mia amica.» «No!» rispose il Grosso con uno sberleffo. La bambina si nascose dietro al leone, che cominciò a muovere la coda di qui e di là…


Il Grosso veniva sempre più vicino, finché il leone, con un ruggito, gli mostrò i suoi denti affilati come coltelli! Il Grosso si fermò di botto sbalordito. Il leone spalancò ancora di più la bocca. Il Grosso impallidì. Poi il leone cominciò a ruggire e ruggì e ruggì in modo sempre più spaventoso. I maestri uscirono tutti per vedere che cosa stesse succedendo e i bambini smisero di giocare e si tapparono le orecchie con le mani. Al Grosso si rizzarono i capelli in testa e, presa la fuga, scappò come un razzo dal campo di gioco, fuori dalla scuola e giù per la strada… e non si fermò finché non arrivò a casa dalla sua mamma!

La bambina uscì finalmente da dietro il leone. «Beh, non avrò più paura del Grosso. Questo è poco ma sicuro!» «Mi fa molto piacere» rispose il leone e se ne andò via tranquillamente. La bambina lo chiamò, ma lui non rispose. Se ne andò e basta. La bambina non rivide mai più il leone, ma la cosa non la rattristò troppo, perché adesso la scuola le piaceva molto!

 

 

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