La scappatella di Bullo

La scappatella di Bullo

I Raccontastorie – Le più belle storie di Natale 1983

Ascolta l’audiocassetta!

      02 La scappatella di Bullo
Pag.1Pag.2Pag.3Pag.4Pag.5Pag.6Pag.7

Era la notte di Natale. I campi e gli alberi erano ammantati di neve. Da oltre il bosco veniva un suono di campane natalizie e in ogni casa, calda e illuminata, si indovinava un chiacchiericcio allegro, i preparativi, i regali… Ma qui, alla fattoria, tutto era buio e silenzioso. Bullo, il porcellino, sbadigliava sdraiato nel fango. «Ohi ohi, che barba» esclamò con un grugnito. «Uhi uhi, che noia. La notte di Natale dovrebbe essere allegra, eccitante. Stanotte ognuno dovrebbe

vivere una straordinaria avventura, e invece… Il fattore e sua moglie sono andati a letto con le galline, il cavallo dorme in piedi, il bue e l’asinello non sanno nemmeno che si devono preparare per il presepio.» Ma Bullo era un porcellino d’azione. «Fatti e non grugniti» era il suo motto. «Visto che non succede niente, lo farò succedere io!» E con un balzo saltò il recinto e andò dai suoi amici coniglietti. «In piedi, marmotte.» I due animaletti erano pieni di sonno. «Che c’è, che c’è?» chiese Baffo.

Non avendo ricevuto risposta, chiuse con un botto la porta e tirò una corda. L’ascensore venne sparato all’insù. «Ohi ohi, che salita» fece Baffo aggrappandosi al sedile. «Uhi uhi, che sparata» gli fece eco Birillo con gli occhi spalancati. «Eh, eh» sussurrò loro Bullo ridacchiando «non vi avevo promesso un’avventura straordinaria?!» L’ascensore si fermò con un sobbalzo: TUM! La talpa spalancò la porta annunciando: «Piano terra.» Usciti che furono i passeggeri, l’animai richiuse con un botto la porta e tutto fu silenzio. Bullo e i coniglietti si ritrovarono su una distesa di neve fresca, sotto il cielo stellato. Si girarono per chiedere alla talpa dove fossero, ma quella era già sparita. Dove prima si trovava l’ascensore, ora c’era un riquadro di erba senza neve e con in mezzo un fungo bianco. «Ma siamo sul viale delle Rose» esclamò Baffo. «Ecco là il pozzo.»

«E quella di fronte a noi è la casa del signor Castagna!» disse Birillo. «Magnifico!» concluse Bullo. «Amici, ho avuto un’idea fantastica. Ora andremo sotto le finestre del signor Castagna a cantargli le canzoni di Natale.» «Ohi ohi» si lamentò Baffo «ma io non so cantare.» «Uhi uhi» gli fece eco Birillo. «Io so solo stonare.» «Sciocchezze, tutti sanno cantare le canzoni di Natale. Venitemi dietro e vedrete che successone. Il signor

e la signora Castagna ci ascolteranno estasiati e poi ci faranno un sacco di complimenti; e poi ci inviteranno ad entrare e sentirete che squisitezze! Sarà una serata magnifica.» Attraversarono in fretta la strada e si piantarono sotto le finestre della casa. «Cominciamo con “Bianco Natale”» disse Bullo. Beh, Baffo in pratica ragliava, Bullo un po’ rallentava e un po’ accelerava, per tentare di tenere insieme i due coniglietti, e Birillo, che proprio non sapeva cantare, tentava almeno

di imitare i vari strumenti, con un risultato disastroso. Fu il peggior concerto che si fosse mai sentito. Ad un tratto sentirono una voce dentro la casa. Era la signora Castagna. «Che cos’è quest’orribile frastuono?!» Poi si udì la voce del signor Castagna. «Sembrano degli animali… Ma che versi spaventosi. Ora prendo il mio bastone e li caccio via». «Bastone, ahi ahi» disse Baffo. «Bastone, uhi uhi» fece Birillo. Poi sentirono ancora la voce della signora Castagna. «Non disturbarti ad uscire, caro. Libera i cani.» «Cani, ahi ahi» esclamò Baffo. «Cani, uhi uhi» gli fece eco Birillo. In un lampo i tre amici corsero via come il vento e i cani dietro. «Bau bau bau.» Baffo arrivò per primo al fungo. Lo schiacciò e… clic! Comparve il piccolo ascensore! La porta si spalancò con un botto e la talpa annunciò: «Si scende. Affrettarsi, prego.»

«Chi è, chi è?» fece Birillo. «Morti di sonno, ma non lo sapete che è la notte di Natale? Se venite con me, vi farò vivere una meravigliosa avventura.» Baffo, a quelle parole, saltò su entusiasta, ma Birillo si rintanò brontolando sotto la paglia e dovettero tirarlo fuori per le orecchie. Cautamente scivolarono lungo il recinto, oltrepassarono la casa e uscirono dal cancello. Poi giù per la collina e, arrivati alla cassetta della posta, girarono a destra e via

fino ai piedi della collina dove c’era la Cava di Gesso. «Ohi ohi, che salita» piagnucolò Baffo guardando l’enorme collina. «Uhi uhi, che fatica» aggiunse Birillo con un lamento. «Quattrozampe di poca fede» li apostrofò Bullo. «Non vi ho promesso una meravigliosa avventura? Venite per di qua.» Li guidò dentro alla Cava e, quando furono proprio in fondo, scostò un grosso pezzo di gesso che nascondeva l’ingresso di un tunnel buio.

«Venite» disse inoltrandosi nel tunnel e gli altri lo seguirono. Camminarono per un bel po’ alla cieca e in silenzio, ma alla fine scorsero un chiarore. Il tunnel finiva bruscamente davanti a un piccolo ascensore illuminato con una lampadina; c’era perfino un sedile che correva lungo tre lati della cabina e una talpa con tanto di berretto. «Guarda guarda!» esclamò stupefatto Birillo. «Cos’avete da guardare?» disse loro bruscamente la talpa. «Avanti, avanti, se dovete salire.» I tre amici si affrettarono a entrare nell’ascensore. «C’è nessun altro che deve salire?» gridò la talpa scrutando nel tunnel.

 

Ma non c’era proprio bisogno di incitarli ad affrettarsi.! Si precipitarono nell’ascensore e si sedettero per riprender fiato. La talpa sbatté la porta, tirò la corda e tutti vennero scaraventati all’ingiù. Durante il tragitto, la talpa li guardò con un sorriso. «Vi siete divertiti?» chiese. Bullo grugniva imbronciato e non rispose, così lo fece Baffo, con molto sarcasmo. «Oh sì, una serata veramente indimenticabile. Il mio amico, qui, è un cantante molto conosciuto di canzoni natalizie e dovunque vada gli fanno un sacco di feste!» «Oh, piantala di prendermi in giro!» sbottò Bullo. «So che è stato un fiasco ma adesso rimedierò, vedrai. Torniamo alla fattoria e vi offrirò la più_ splendida cena di Natale che abbiate mai fatto!» «Oh, le conosco le tue cene», fece Birillo con una smorfia, «torsoli di cavolo a dir tanto.» «Neanche per sogno. Ho scoperto dove il padrone tiene le chiavi della dispensa. Vedrete, stasera mangeremo maccheroni, tortelloni, insalata russa, dolci e berremo perfino spumante.» TUM! L’ascensore si fermò col solito sobbalzo. «Fuori, fuori» disse sbrigativa la talpa. «È ora di chiusura e voglio tornare a casa.»

«Bene, bene» rispose Bullo. «Se è ora di chiusura puoi benissimo venire a festeggiare il Natale con noi. Ti va?» Dopo un po’ di complimenti: ma è tardi, non vorrei disturbare, eccetera, la talpa si lasciò convincere. Arrivati alla fattoria, tutti si andarono a lavare le zampe e a pettinarsi per il cenone. Tutti tranne Bullo che, con astuzia

e con cautela, si intrufolò in dispensa. Ne tornò dopo pochi minuti, carico sotto il peso di due ceste stracolme. In una c’erano tutte le leccornie che aveva promesso, nell’altra: mele, arance, cioccolata, aranciata e acqua minerale gassata. La cena venne servita in fondo al porcile. Erano proprio affamati e

si rimpinzarono, si raccontarono storie e barzellette e cantarono tutti insieme, guidati da Bullo, e a nessuno importava se stonavano. Di brindisi ne fecero un sacco: «Viva Bullo che ha fatto un bel concerto.» «Buon Natale… chi mi passa il sale?» gridò Birillo a bocca piena.

Insomma, fu un successone, meglio di qualunque avventura straordinaria. Il mattino seguente, quando il fattore e sua moglie andarono nella conigliera, trovarono un disordine tremendo: vestiti dappertutto, buttati per terra insieme ai piatti e ai bicchieri vuoti. Baffo e Birillo russavano sonoramente. «Ohi ohi, questo è male!» esclamò la moglie del fattore. «Uhi uhi» esclamò Birillo aprendo un occhio e scoprendosi un gran mal di pancia, «Buon Natale!» E ripiombò subito nel sonno. Quando poi il fattore andò a portar da mangiare a Bullo, trovò il porcile in uno stato pietoso. Bullo dormiva beatamente.

«Ma Bullo, un po’ di ordine, via, la tua camera sembra proprio un porcile!» gli disse il fattore. «Sgrunt», rispose Bullo. Si voltò dall’altra parte e si riaddormentò, russando come un vero maiale. «Sgrunt, sgrunt, sgrunt.»