Luntra la Lontra

Luntra la Lontra

I Raccontastorie – Fascicolo 20

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      05 - Lutra la lontra
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Lutra si svegliò con la sensazione che quello sarebbe stato un giorno speciale. Per un momento non riuscì a ricordarsi il perché, poi le venne in mente. Oggi l’avrebbero portata a nuotare per la prima volta! Già da parecchi giorni Lutra moriva dalla voglia di seguire la madre, quando nuotava dalla tana al fiume. La tana era stata costruita dentro le radici di un albero che era abbarbicato sul ripido pendìo del fiume. Lutra ci aveva abitato da quando era nata, tre mesi prima. I primi giorni non ci vedeva e se ne era rimasta accoccolata nel comodo letto fatto di ramoscelli, di cannucce e di erba. Ma appena ebbe imparato a camminare, aveva cominciato a esplorare il mondo esterno. Scoprì per esempio che c’erano vari modi di uscire dalla tana. Non poteva seguire la madre attraverso l’uscita subacquea, ma poteva arrampicarsi fino a un buco nell’albero. Di lì poteva salire sui rami o saltar giù fino a terra, dove c’erano tanti sassolini e piume e ossa per divertirsi. Una volta trovò un granchio morto nascosto sotto due grossi ciottoli sulla sponda del fiume. Ci giocò per un po’ e poi tentò di imitare la mamma, mordendolo coi suoi dentini aguzzi. Ma le sue mascelle non erano ancora abbastanza forti e lo aveva subito risputato.

Però oggi Lutra non aveva voglia di mangiare. Desiderava solo entrare in acqua e sperava di non dover aspettare troppo il ritorno della mamma, che era andata a pesca, presto come ogni mattina. Sempre più impaziente, si sedette sulle zampe di dietro e curiosò fuori dall’apertura dell’albero. Da principio non vide niente di interessante, ma poi, a un tratto, ci fu come un lampo blu e arancione: era un martin pescatore che gli sfrecciò davanti con un pesce penzolante nel becco. Un istante dopo la madre di Lutra emerse in superficie; guardandosi intorno, prese un respiro profondo e, flettendo le zampe posteriori e la coda, si tuffò in profondità. Dove un attimo prima c’era lei, ora si vedevano solo delle bollicine. Lutra non riuscì ad aspettare un secondo di più. Squittendo dall’eccitazione, si arrampicò sull’albero e corse in riva al fiume. Sguazzava nell’acqua bassa rovesciando i ciottoli e giocando con le bolle d’aria. Poi le venne un’idea migliore: avrebbe raggiunto la madre a nuoto! Sapeva di non essere abbastanza grande per nuotare sott’acqua, ma era sicura di saperlo fare in superficie. Lutra avanzò nell’acqua fino a dove non toccava quasi più. E allora, con le quattro zampette che battevano l’acqua in tutte le direzioni, cominciò a nuotare.

Era molto più difficile di quanto non avesse immaginato. Sembrava che nel fiume ci fosse una forza che la trascinava lontano dalla mamma, lontano da casa. Per quanto si sforzasse, non riusciva a tener testa alla corrente. Presto si sentì sfinita e il panico si impadronì di lei. Cosa le sarebbe successo? Come poteva tornare al sicuro nella sua tana? E dov’era la mamma? Lutra si sentiva andare a fondo. Lanciò uno squittìo di terrore. E fu allora che la mamma emerse vicino a lei. «Non ti agitare», le disse con fermezza «andrà tutto bene.» Poi prese Lutra per la collottola e la portò a riva. Quando fu sulla terra ferma, Lutra cominciò a tremare. «Non sei stata in acqua tanto da sentir freddo», disse la madre «ma sei stata un cucciolo disobbediente e ti sei presa una paura tremenda. Beh, cerca di non pensarci più e fai quello che fanno tutte le lontre dopo una nuotata: rotolati nell’erba per asciugarti la pelliccia.» Lutra obbedì, rendendosi conto che finalmente stava diventando grande. Presto avrebbe nuotato bene e avrebbe potuto seguire la mamma nelle sue partite di pesca.

Quando Lutra era ormai quasi asciutta, la madre cominciò ad avere fame. «Vado ad acchiappare un pesce per colazione, ma voglio essere sicura che non ti caccerai in qualche altro pasticcio. Vieni con me nella tana e rimanici finché io non tornerò.» Lutra era così stanca che non aveva nemmeno la forza di discutere, così trotterellò nella tana e chiuse gli occhi soddisfatta. Dopo un bel po’ che dormiva, fu risvegliata da un cupo ringhiare. Era un suono diverso da quelli che lei conosceva. Si rizzò sulle zampe di dietro e guardò fuori dall’albero. Ma tutto quel che vide furono un paio di cigni che nuotavano pigramente lungo il fiume. «Beh, una cosa è certa: non l’hanno fatto loro quel rumore», pensò, e scese fino a un cespuglio di rovi vicino all’acqua per vedere meglio. Di nuovo udì lo strano brontolìo, questa volta più vicino. Guardò in su e con terrore vide un lungo muso lucente, con due occhi, un naso e una bocca.

La testa sembrava troppo grande per il corpo e ai lati aveva due strane cose che gli ciondolavano. Il cane portò il muso in avanti e ringhiò nuovamente. Lutra cercò di indietreggiare, ma si impigliò nei rovi e non poté più muoversi. Improvvisamente echeggiò un grido acuto e minaccioso. Il verso divenne sempre più stridulo e suonava come un rabbioso avvertimento. Allarmato, il cane si voltò e vide il muso inferocito della mamma di Lutra. Le sue dimensioni non erano nemmeno paragonabili a quelle del cane, ma era furibonda. Si rizzò sulle zampe posteriori e, mostrando i denti, li affondò nel collo del cane. Il cane guaì per il dolore e la sorpresa, poi udì il fischio del padrone che lo richiamava e corse via velocemente. La madre di Lutra respirò sollevata. Sapeva di avere avuto molta fortuna. Sapeva anche che il cane sarebbe potuto tornare, e quest’altra volta non sarebbe stato così facile spaventarlo. «Non possiamo rimanere qui», disse a Lutra «dobbiamo trovarci un’altra tana.» Lo sapeva! Lutra lo sapeva da quando si era svegliata che quello sarebbe stato un giorno speciale! E così, mentre il sole tramontava lentamente, Lutra e la sua mamma si misero in cammino, alla ricerca eccitante di una nuova casa.

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